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  • Laura Rossin

Le domande che non si possono fare al colloquio di lavoro




Negli ultimi anni nel web sono aumentate le pagine che avvertono candidati e selezionatori riguardo le domande che non si possono fare durante il colloquio di lavoro.


Perché esistono domande nella blacklist? Scopriamolo insieme.


Andare a fondo nella questione delle domande bannate è importante solo se sei un titolare o HR che vuole curare la candidate experience trasmettendo senso di competenza a tutta l’azienda. Al contrario chi tralascia questo dettaglio fondamentale rischia di allontanare i migliori talenti e compromettere la percezione dei servizi offerti.


Prendiamo per esempio un candidato che alla fine del colloquio si senta confuso e frustrato. L’esperienza negativa vissuta con quel selezionatore porterà la persona a sconsigliare a tutto il suo network il posto di lavoro e i prodotti.

Chi desidera lasciare un ricordo positivo del proprio brand cura le domande in fase di selezione.


Ecco perché nel web proliferano articoli con le domande da blacklist.


Quindi mi imparo le domande da non fare e ottengo una “candidate experience” eccellente?


No, magari fosse così semplice. Non esisterebbero corsi e master che insegnano a fare i colloqui di selezione. Altro problema stando ai numeri del web sono almeno 100 le domande in lista nera.


Sembrerebbe che non si possa più chiedere niente durante un colloquio!


Mi mette profondamente a disagio questa modalità di presentazione ad elenco, dove i numeri variano a seconda di chi ne sa di più. Come se esistessero realmente domande sbagliate in guerra contro quelle giuste.


Facciamo un passo indietro.


Nel colloquio di lavoro le domande sono lo strumento per conoscere e acquisire informazioni sulla persona con cui interagiamo. In quanto strumento la validità non è intrinseca ma dipende da chi lo utilizza. Non esistono domande sbagliate, ma solo poste male.

A me piace definirle domande inesatte, ovvero non corrette per lo scopo di chi sta selezionando.


Tornando alla lista nera delle domande che non si possono fare al colloquio di lavoro possiamo individuare due macro aree: domande illegali e domande inesatte.

Le domande illegali esistono e si devono conoscere. Appartengono a tre categorie illegali quelle domande che vanno a indagare:


  • Lavori precedenti: “articolo 10 del decreto legislativo 276 del 2003, i soggetti a cui è affidato il ruolo della selezione di risorse umane non possono dunque porre domande su eventuali controversie con superiori antecedenti, a meno che informazioni di questo tipo non costituiscano un requisito essenziale e ai fini dello svolgimento dell’attività lavorativa.”

  • Salute fisica o psichica: Il decreto legislativo 276 del 2003 protegge un candidato da domande relative al suo stato di salute attuale e passato.

  • Situazione familiare e sentimentale: “articolo 27 del decreto legislativo 198 del 2006. Codice delle pari opportunità fra uomo e donna, è infatti vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, sull’orientamento sessuale, sullo stato matrimoniale, di famiglia o di gravidanza della persona intervistata, indipendentemente dalle modalità di assunzione, dal settore di attività e a tutti i livelli della gerarchia professionale». Sempre secondo il Codice delle pari opportunità, le domande inopportune sullo stato di maternità o paternità, sia naturale che adottiva, comprendono anche quesiti sulla gestione della famiglia, come la presenza di una tata o una nonna in casa che possa accudire eventuali figli. «E la disposizione del decreto 198 si applica anche alle indagini sulla famiglia d’origine dunque anche chiedere ad esempio, qual è la professione dei propri genitori al candidato non è permesso».


Le domande che vanno ad indagare direttamente o indirettamente queste aree sono illegali, perché la risposta può rappresentare motivo di discriminazione tra un candidato ed un altro.


Le domande inesatte invece sono, tutte quelle che trovi nell’elenco del web (Le piace il lavoro di squadra? Il suo lavoro la appassiona? Qual è il suo Tallone d’Achille?).

Ciò che rende queste domande cosiddette “sbagliate” è l’impossibilità di ottenere le informazioni desiderate (obiettivo) a causa della forma in cui vengono poste.


Sono inesatte le domande troppo generiche, fuori contesto o ambigue.


Vediamo per queste tipologie un esempio.


“Mi elenchi pregi e difetti” ora questa domanda è generica, perfetta se la rivolgete ad un fidanzato e volete conoscerlo più a fondo. Se invece state selezionando un candidato i rischi sono principalmente due reazioni opposte: avere una lista della spesa di cui non ricavate nulla sul piano professionale oppure il poveraccio fa scena muta per l’imbarazzo mettendolo in una situazione di profondo disagio. La domanda può essere impostata con una forma che permetta di restringere il campo e dando un limite.

“Quali sono i 3 punti di forza e 3 punti di miglioramento che la caratterizzano come professionista?”


L’interrogativo “mi racconti di lei” è fuori contesto se è all’interno di un colloquio di selezione già programmato e si presuppone che il bravo selezionatore si sia preparato prima dell’incontro. Tuttavia potrebbe risultare appropriato al contesto di un “career day”, evento nel quale i recruiter incontrano sul momento i candidati e vedono per la prima volta il CV. Per i professionisti con una preparazione raffinata potrebbe risultare ancora troppo generica e preferire una versione specifica “mi spieghi le scelte del suo percorso formativo e lavorativo”.


Infine abbiamo la categoria più difficile da riconoscere e gestire: le domande ambigue.

Si riconoscono solo dal fatto che innescano quelle dinamiche in cui fate una domanda e l’altro sembra rispondere tutt’altro, quasi parlaste di cose diverse. In effetti è proprio così. Le domande ambigue sono tali perché possono assumere più significati. In base al significato che l’altra persona attribuisce, che potrebbe essere diverso da colui che ha posto la domanda, e quindi dare esito a risposte molto diverse.


Immaginiamo un primo contatto telefonico in cui c’è un primo scambio di informazioni generali e nel giro di pochi minuti chiedete una conferma “è disponibile?”. Sono sicura che il selezionatore ha tutto chiaro nella sua mente e la domanda non presenta inesattezze. Però tenendo conto che ci possono essere varie interpretazioni “disponibile per cosa?”, “è disponibile per un colloquio”, “è disponibile a lavorare in questo momento” “è disponibile a lavorare in data X” è meglio essere il più precisi possibili. Se non è chiaro al candidato cosa state offrendo e cosa deve confermarvi la sua sensazione sarà di confusione e frustrazione. Ciò che ricorderà sarà un’esperienza negativa.

Per diminuire la possibilità di incomprensioni consiglio di essere chiari e precisi.


Ora che hai scoperto tutti i segreti delle domande che non si possono fare al colloquio di lavoro, non ti servirà più consultare la blacklist.


Divertiti ad allenare la capacità di formulare domande specifiche, pertinenti e univoche. I candidati non vedranno l’ora di lavorare per te e per la tua azienda.

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